Lunedì 12 novembre alle ore 18.30 l’Auditorium Fasola di Via San Filippo Bianchi ospiterà la proiezione del cortometraggio “Il stupro”. Il lavoro, che nasce sul soggetto del fotoreporter Dino Sturiale, si inserisce nel progetto nato con lo scopo di dare un volto, una voce e soprattutto una storia al personaggio maschile artefice dello stupro, colmando una lacuna importante: l’assenza del genere in letteratura cinematografica, come in quella televisiva (fatta eccezione di una breve intervista di Enzo Biagi, 1978 e delle riprese all’interno dell’Aula di Tribunale durante il famoso “processo per stupro”, 1978), tantomeno in letteratura giudiziaria o letteraria.
Nel corso della serata, interverranno, oltre a Dino Sturiale, anche Simonetta Pisano che affronterà la tematica dello spettacolo come elemento di comunicazione sociale, Concetta Restuccia parlerà di stalking, violenza e modalità di aiuto e Maria Andaloro che, infine, si soffermerà sulla violenza di genere raccontata ai giovani. “La voce dell’uomo stupratore è quasi sempre ignorata, a conferma del fatto che questo abuso è visto perpetuamente come un problema al femminile”, spiega Dino Sturiale, da sempre profondamente coinvolto dalla tematica della violenza sulle fasce deboli, che aggiunge: “Ho seguito per anni udienze per stupro, come quelle scaturite dalle denunce di Anna Maria Scarfò, visionato centinaia di ore di registrazioni televisive, letto quanto pubblicato in merito da maestri giornalisti. Tutto questo non colmava il vuoto narrativo, anzi il più delle volte nemmeno lo affrontava. Processi in cui gli uomini non proferivano parola, interviste in cui la donna emergeva come colpevole. Ecco, quindi, l’esigenza imprescindibile di raccontare “Il stupro”, cioè dare la voce al maschio; per comprenderne i meccanismi, l’evoluzione, i fatti”.
Il corto racconta la storia di uno stupro, la sua fenomenologia, dalla genesi al compimento. La particolarità sta nella voce narrante: l’uomo artefice del crimine, a molti anni dall’accaduto. L’uomo in oggetto è quello che comunemente si indica come “felicemente sposato”. Vive con una moglie e una figlia 13enne: una famiglia piccolo borghese. Lui impiegato, senza particolari ambizioni, dedito alla famiglia. La sua quotidianità, fatta di rimembranze che si concretizzano in abitudini e tic nervosi, verrà sconvolta da un incontro casuale. Un incontro che gli farà ripercorrere, tra riferimenti al mito e intromissioni artistiche, la fenomenologia di un passato che non potrà mai seppellire.