Ha vissuto gli anni d’oro della pallamano messinese e i successivi periodi bui. Ha calcato i campi della serie A1, ottenuto promozioni e vissuto anche delle delusioni. L’ultima poche settimane fa con la promozione in A dell’Handball Messina sfuggita all’ultima giornata. Ma l’amore di Carmen Tandurella per questo sport non si è andato mai spegnendo e continua ancora oggi, a 43 anni, con lo stesso entusiasmo di quando da ragazzina iniziava a muovere i primi passi nelle scuole.
“Il primo impatto con la pallamano – racconta – è stato in terza media grazie all’interessamento del professore Antonio Mazzeo, che stava allestendo la squadra della scuola Itc Galati per disputare i Giochi della Gioventù e mi chiese di provare. Avevo praticato altri sport ma quel giorno con la pallamano fu subito amore, tanto da spingermi a dedicarle tanti anni della mia vita”. Un percorso che è poi proseguito con la trafila dai settori giovanili verso categorie maggiori. “Ricordo bene quelle stagioni, all’epoca le mie allenatrici erano Anna Ferrara e Donatella Salerno. Devo molto anche a loro che mi hanno fatto muovere i primi passi, poi ho disputato il campionato di serie A2 con il Cus Messina e Felice Gaeta e Tommaso D’Arrigo in panchina. Un percorso di crescita che è continuato con il salto in A1, dove ho sfruttato gli insegnamenti di allenatori come Todor Manolov, e il piacere di giocare in Nazionale”.
Se dico anni Novanta cosa le viene in mente? “Indubbiamente stiamo parlando del periodo di maggiore splendore della pallamano, non soltanto messinese ma a livello nazionale. In A1 le trasferte erano lunghe, si viaggiava in continuazione con gli aerei. Le migliori straniere militavano nel nostro campionato. Ricordo che allora il materiale sportivo veniva messo a disposizione dalle società: i completini, le scarpe da gioco, la maglia di rappresentanza, i borsoni… Oggi non è più così. Ma in generale penso che vi fosse una mentalità sportiva differente”.
Quali sono i ricordi più belli che si porta dietro? “Al primo posto metterei l’esperienza con la maglia della Nazionale, mi tornano i brividi al solo pensare a quei momenti. Quando ti schieri in mezzo al campo prima della partita e senti partire le note dell’Inno di Mameli. Sensazioni uniche che non è semplice descrivere con le parole. E un orgoglio dentro perché sei stata considerata un’atleta con i requisiti giusti per indossare la maglia azzurra. Ricordo poi le stagioni con i club, in particolare la promozione in A1 sempre con il Cus Messina, un’emozione pazzesca. Ma anche i campionati di A2 mi hanno trasmesso forti emozioni da raccontare, anche perché il livello di quei tornei era molto più elevato rispetto a quello odierno”.
Trent’anni in campo: quanto è cambiata nel frattempo la pallamano? “Profondamente dal punto di vista organizzativo e strutturale ma si è perso qualcosa anche in termini di visibilità mediatica. Per partecipare ai campionati di serie A2 dovevi avere una squadra ben strutturata, era difficile trovare una formazione materasso o partite dall’esito scontato. Oggi a 43 anni riesco ancora a giocare in A2 ma considerando il livello del campionato una decina di anni fa avrei trovato meno spazio. Il livello di preparazione delle atlete non è lo stesso. Forse si dovrebbe incentivare ancora di più la pratica della pallamano nelle scuole, che in quegli anni era più frequente. Lo sport per un giovane è importante anche perché ti prepara alla vita, ti fa socializzare facendo parte di un gruppo e superare le difficoltà”.
Parliamo di questa stagione con l’Handball Messina: per voi il finale forse meno preventivabile alla vigilia. “Parto dal presupposto che, amarezza del risultato finale a parte, è stata una esperienza positiva vissuta con le mie compagne. Quando fai parte di un gruppo impari a condividere i momenti belli e anche quelli brutti. Nel match decisivo con Badolato probabilmente abbiamo sentito troppo la tensione della posta in palio e dunque non abbiamo avuto quella lucidità che è necessaria quando affronti partite del genere”.
Vi è mancato forse l’instinct killer. “Abbiamo dato tutto dall’inizio alla fine senza mai arrenderci ma non ci siamo espresse al massimo nell’insieme. La pallamano è uno sport di squadra, in cui le individualità possono incidere ma all’interno del collettivo. La rete non è merito soltanto di chi la realizza ma anche e soprattutto delle compagne che ti hanno messo nelle condizioni ideali per farlo. Aggiungo anche che abbiamo avuto delle occasioni in uno contro uno davanti al portiere che non abbiamo sfruttato, qualche palo di troppo e anche qui la componente fortuna non ci ha aiutato. Tanti fattori che messi insieme hanno portato a quel risultato”.
Tanto impegno sul campo e ora una nuova sfida in politica, sempre con lo sport al centro di tutto. “Non ho mai fatto prima d’ora politica attiva, questa possibilità è nata per caso. Pippo Trischitta mi ha esposto i suoi programmi per migliorare la città e sotto il profilo sportivo avevamo una piena condivisione di idee. Ho capito che da un mio coinvolgimento in prima persona poteva venire fuori qualcosa di buono per risolvere le problematiche dello sport cittadino, legate in gran parte all’impiantistica”.
Ed ecco il punto principale da risolvere, la battaglia da portare avanti. ”Vogliamo consentire ai messinesi che intendono svolgere attività sportiva a qualsiasi livello di potere usufruire di impianti adeguati e in condizioni di sicurezza. Le condizioni di degrado in cui versano gran parte degli impianti sono visibili a tutti e sono il frutto della cattiva manutenzione effettuata in questi anni. Io da atleta conosco bene queste criticità. Ho contattato i dirigenti delle varie società per conoscere le loro idee in merito e le loro necessità. Ho eseguito dei sopralluoghi raccogliendo il materiale fotografico per documentare la situazione. Il nostro progetto – continua la Tandurella – si snoda attraverso tre fasi: lo studio delle carenze dei vari impianti sportivi e la redazione delle soluzioni per risolvere le problematiche riscontrate, la formazione di uno staff di responsabili dei vari settori sportivi incaricato di controllare l’operato delle ditte cui verranno affidati i lavori di recupero degli impianti e assicurare una manutenzione costante delle strutture sportive”.
Occorre reperire fondi per la copertura di questi lavori, sulla falsariga di quanto fatto dall’Amministrazione Accorinti per PalaMili o PalaTracuzzi. “Con la presentazione di progetti si potrebbe attingere ai fondi che vengono stanziati periodicamente dal Ministero dello Sport o dall’Unione Europea. Altra strada potrebbe essere la possibilità di stipulare contratti di comodato gratuito con le società che svolgono attività all’interno dei vari impianti sportivi. Così facendo le società avrebbero il vantaggio di vedere garantito l’uso dell’impianto per il periodo che sarà stabilito. Inoltre l’Amministrazione potrà usufruire di impianti efficienti e risparmiare i costi delle spese di gestione ordinaria”. Una soluzione che ricalca peraltro quella già attuata tra Comune e Camaro per la gestione del “Marullo” di Bisconte e che verrà riproposta per il campo da rugby di Sperone.