Pietro Sciotto va come un treno e, nonostante la cautela dell’Amministrazione Comunale, continua a ripetere che punta tutto sulla riapertura del “Celeste”. La struttura di via Oreto in serie D potrebbe d’altronde rappresentare un valore aggiunto e le presenze medie allo stadio (2.119 nell’ultima stagione al “Franco Scoglio”) sarebbero destinate peraltro ad aumentare in un impianto che sorge nel centro della città ed è quindi più raggiungibile.
Abbiamo già analizzato nel dettaglio il progetto redatto da Franco Mento, su incarico del “vecchio” ACR di Franco Proto, che andrà adesso adeguato al “ribasso”, considerata la ripartenza del “nuovo” ACR dal piano inferiore. Proviamo adesso ad immaginare quali potrebbero essere le richieste della Commissione di Vigilanza prefettizia, chiamata a concedere l’agibilità per il pubblico. Tra il 2010 e il 2013, il “Celeste” fu peraltro rimesso a nuovo – almeno in parte – dal Città di Messina, che in quel quadriennio investì complessivamente 400mila euro. Tre quarti di questa somma in interventi strutturali, il resto nell’esosa manutenzione del manto erboso.
Sempre nel 2010 il club fondato da Elio Conti Nibali e dal compianto Giovanni Piero De Leo effettuò a proprie spese (un unicum di questi tempi) il collaudo statico decennale dell’impianto, che resterà quindi valido fino al 2020. In Tribuna e nelle due Curve vennero effettuate le prove di carico, che certificarono la solidità della struttura. Sulle torri faro vennero effettuati dei severi controlli con una chiave dinamometrica. Su questo fronte, quindi, la situazione è simile a quella del “Franco Scoglio”, dove il collaudo decennale è stato effettuato, a spese dell’Amministrazione Comunale, all’inizio della sindacatura di Renato Accorinti.
Per ottenere l’agibilità, e quindi per consentire l’accesso del pubblico nell’impianto, al “Celeste” bisogna però tenere conto di tanti altri aspetti. È necessario infatti anche il placet dei Vigili del Fuoco, per non parlare delle imposizioni sui parcheggi e sulla viabilità, considerata anche la vicinanza del Policlinico Universitario. A complicare il tutto l’adozione delle recenti normative sul fronte della sicurezza (basti pensare ai fatti di Torino, in occasione della proiezione in piazza dell’ultima finale di Champions League). Il progetto voluto da Mento – ha assicurato il progettista – supera tutti questi ostacoli, ma non a caso prevede un esborso complessivo da quasi due milioni di euro.
A fronte di tanti investimenti, il Città di Messina ottenne un’agibilità ridotta a quota 1.500 posti, sufficienti per un club che non era supportato da una tifoseria organizzata. La Curva Sud venne aperta solo in parte e la Commissione di Vigilanza impose la collocazione di nastri e la presenza di steward che limitavano l’accesso solo a una frazione del settore. Una deroga arrivò soltanto per il derby con l’ACR, in occasione del quale la capienza venne estesa fino a 4.500.
Aprire il “Celeste” a 1.500 spettatori fu comunque un’impresa. L’organo prefettizio impose infatti la presenza di un gruppo elettrogeno funzionante (anche se si giocò sempre in orari diurni), l’installazione dei maniglioni anti-panico all’ingresso dei servizi igienici e la pitturazione di tutte le scalinate. Il club di Conti Nibali e De Leo ristrutturò i bagni e gli scivoli per disabili in Curva Nord, un settore che paradossalmente non fu mai aperto. Spesso le tifoserie ospiti vennero accolte in Tribuna, dove erano tenute d’occhio da steward e forze dell’ordine. Soltanto dopo la promozione in D e l’arrivo di gruppi organizzati, come quello della Cavese, venne riaperta la Tribunetta Valeria.
Il sopralluogo della Commissione comportò interventi inizialmente non previsti dai dirigenti del Città di Messina. Negli spogliatoi alcuni controsoffitti risultarono privi di certificazione ignifuga e per questo motivo fu necessario realizzarli ex novo. Fu imposto lo spostamento del sottopassaggio dei calciatori, con l’installazione di un tappeto in gomma, e l’allargamento dei varchi d’accesso in acciaio alla Tribuna coperta. Per aprire davvero il “Celeste”, con una capienza adeguata, superiore ai 1.500 posti del quadriennio 2010-2013, servirà quindi un consistente impegno. E magari anche la clemenza della Commissione.