Nella conferenza stampa ospitata nei locali del “Franco Scoglio”, l’ormai ex presidente Natale Stracuzzi ha spiegato i motivi del suo passo indietro, formalizzato due settimane fa. Evidenti i riferimenti al mercato invernale, che non è stato condiviso con lo staff tecnico e la minoranza del club: “L’1 febbraio mi sono dimesso per via di alcune circostanze incresciose: erano state fatte delle scelte per dei calciatori che potevano andare in altre società ma mi è stato impedito di operare. A quel punto mi sono accorto di non contare niente, quindi mi sono dimesso. Ma ciò non vuol dire che ho abbandonato la nave”.
Chiara l’allusione alle paventate cessioni di Milinkovic e Musacci e al mancato arrivo di tre giovani valorizzati dal Latina, al quale aveva fatto riferimento anche l’ormai ex direttore generale Enrico Ceniccola. Operazioni che per la verità avrebbero forse indebolito la rosa, pregiudicando ulteriormente la corsa salvezza, al di là dell’innegabile risparmio economico.
Dura l’accusa di Stracuzzi e Oliveri nei confronti dei soci di minoranza, Gugliotta, Di Bartolo e Micali: “All’interno della società non ha mai governato la maggioranza. Nel consiglio di amministrazione noi siamo due mentre gli altri possono fare affidamento su tre rappresentanti. Non ho mai scelto né allenatori né direttori, io ho sempre acconsentito e questa è stata la mia colpa perché adesso le conseguenze sono ricadute su di me”.
Le quattro vittorie consecutive conquistate in casa hanno perlomeno migliorato la posizione in graduatoria, che resta comunque delicata: “Conta dov’è il Messina. Adesso la squadra ha una classifica tranquilla. Un applauso va ai giocatori e al mister, che è stata una mia scelta, contestata dalla minoranza che non lo voleva. Lucarelli ha detto delle cose contro di me ma resta figlio mio, la squadra c’è e i calciatori stanno dando il massimo”.
Il titolare dei cantieri navali Dea ritiene eccessive anche le contestazioni della tifoseria organizzata, che si è fatta sentire sia allo stadio che all’esterno della sua azienda: “Ho subito cose inaudite da qualche frangia di tifosi. C’erano le mie nipotine dentro il cantiere ed erano terrorizzate. Io accetto gli insulti, ma non si sfoci nella violenza”.
Non è mancato un riferimento agli imprenditori messinesi che fin da maggio hanno provato invano a subentrare nella gestione del club: “Barbera era l’unico che poteva dare certezze alla società, poi non ne ha voluto sapere più, perché tutti volevano decidere e sapere le cose e lui ha preso questa decisione. Con Proto non c’è stato accordo, anche se noi avevamo deciso di cedere a lui. C’era un preliminare, ma anche lì non c’è stata la comunione d’intenti e abbiamo scelto altre strade”.