L’imprenditore messinese Giovanni Piero De Leo si è spento a 63 anni. Fatale un male incurabile che gli era stato diagnosticato un anno fa.
Non riesce a frenare la commozione il compagno di mille avventure, l’ex presidente del Città di Messina Elio Conti Nibali: “Ci lascia un amico, un uomo genuino e generoso, un leader carismatico. Ha dato tanto, faceva sentire tutti importanti. Lascia un grande vuoto”. E una moglie, una figlia e una nipotina, alle quali vanno le condoglianze della nostra Redazione. I funerali si terranno a Padova, mercoledì mattina alle 11, nella chiesa di Sant’Antonino.
De Leo è stato il principale finanziatore del club nato dalle ceneri del Camaro, che per almeno un biennio ha offerto un calcio piacevole, vincendo il torneo di Eccellenza e raggiungendo i play-off in D, senza però scalfire le certezze dei tifosi, che supportavano soprattutto l’ACR, prima squadra della città.
“Le dinamiche del calcio non gli appartenevano e lui si è scontrato purtroppo con una mentalità molto diversa dalla sua. Voleva provare a cambiarla in positivo, sfruttando la sua grande passione. Gli ultras del Messina comunque lo rispettavano e recentemente lo avevano richiamato, per chiedergli se poteva rimettersi in gioco e supportare la società”.
Personaggio coreografico, si è imposto con un modo di fare un po’ guascone e non passava inosservato neppure allo stadio o negli spogliatoi: “Portava il caffè agli avversari nell’intervallo o quando eravamo con la squadra le bottiglie a tavola appena mancavano. Anche nella sua azienda non si smentiva, offrendo a tutti la colazione nel briefing mattutino. Era una persona squisita, che nel calcio ha trovato l’occasione di mettere in gioco la propria messinesità, un po’ conflittuale”.
Nonostante si fosse trasferito da tempo in Veneto, dove gestiva un’impresa di notevoli dimensioni nel ramo dell’imprenditoria dei servizi e delle visure catastali, manteneva un legame fortissimo con lo Stretto: “Veniva in città per il piacere di prendere una granita, un pitone o le cozze, con la forchetta, per le quali si catapultava a Ganzirri. Era innamorato di Messina e non a caso rimproverava sempre chi buttava una carta per terra o chi non si impegnava adeguatamente sul lavoro”.
Il suo impegno nel calcio era nato proprio con l’obiettivo di scuotere una comunità troppo spesso arrendevole. Conti Nibali ricorda ancora: “Si sentiva cittadino dello Stretto, ci criticava perché sapeva che avevamo potenzialità inespresse in tanti ambiti. Non a caso a Padova molti suoi amici conoscono bene i messinesi, perché parlava soltanto della nostra città, del sindaco e della squadra di calcio”.
Del Città di Messina, nelle chiacchierate con l’amico che l’aveva coinvolto nell’avventura pallonara, aveva soltanto ricordi positivi: “Magnificava sempre il trio d’attacco che avevamo proposto nell’anno di D, composto da Citro, Tiscione e Saraniti. “Giocatori pazzeschi”, mi ripeteva. Per lui parlano le foto in cui era sempre sorridente. Ci ripeteva “Insieme si può” ed è stata una parentesi davvero piacevole”. Avrebbe sicuramente meritato maggiori consensi in riva allo Stretto, ma in tanti lo hanno apprezzato comunque.