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Messina

Al Teatro Vittorio Emanuele in scena “Il bugiardo” di Carlo Goldoni

Il prossimo 28 aprile, con repliche il 29 e 30, al Teatro Vittorio Emanuele di Messina andrà in scena “Il bugiardo” di Carlo Goldoni, per la regia di Giorgio Bongiovanni.

Giorgio Bongiovanni
Il regista Giorgio Bongiovanni

L’evento teatrale è una produzione E.A.R. Teatro di Messina e vedrà sul palco Tommaso Minniti (Il Dottor Balanzoni e Brighella), Maria Laila Fernandez (Rosaura), Roberta Catanese (Beatrice), Caemen Panarello (Colombina), Luca Fiorino (Ottavio), Gabriele Furnari Falanga (Florindo), Leonardo de Colle (Pantalone), Angelo Campolo (Lelio), Enrico Bonavera (Arlecchino), Lorenzo Pizzurro (un vetturino napoletano), Adriana Mangano (un giovane mercante), Simone Corso (un portalettere), Ilenia Giorgianni (suonatrice), Raimonda Ruginyte (suonatrice) e Sonia Zanetti (suonatrice). “Il bugiardo” è una commedia ispirata alla “Verdad sospechosa” dello spagnolo Juan Ruiz de Alarcón.

Angelo Campolo
L’attore Angelo Campolo

A Venezia, una serenata tra i canali rappresenta l’inizio di una catena di bugie che Lelio manipola tra inganno e realtà. Dalle note di regia di Giorgio Bongiovanni si può leggere: “Nella commedia recitata in una sera di primavera del 1750 a Mantova, Goldoni non presentò certo al pubblico un personaggio del tutto nuovo. Già un secolo prima Alarcón e Corneille avevano posto in scena figure di impenitenti bugiardi; per non parlare dei modelli omerici che avevano esaltato le menzogne di Odisseo come segno di raffinata intelligenza. D’altra parte da sempre, in diversi campi dell’attività umana, dall’amore alla politica, dal commercio all’amicizia, dalla finanza fino (ovviamente) alla pubblicità, menzogna e verità sono sempre state separate da un unico, sottilissimo, labile confine. Ne Il bugiardo di Goldoni si capovolge lo schema morale dell’intreccio con la perdita del giudizio moralistico nei confronti della menzogna. Lelio, il bugiardo, diventa simpatico, estroso e geniale nelle sue invenzioni. Il pubblico finisce per parteggiare per lui anche quando, alla fine, viene smascherato. È indicativo, a tal proposito, che Goldoni abbia deciso, nella terza edizione della commedia, di eliminare il Bargello, il capitano di polizia che arrestava Lelio per le sue malefatte, quasi a salvarlo dalla punizione, contrariamente a quanto da sempre avviene nel mito di Don Giovanni. Il dissoluto punito non riesce infatti, nonostante il suo disprezzo per il Cielo, a scampare alla condanna divina e alle fiamme dell’inferno; mentre Lelio, moderno Don Giovanni, farabutto e senza scrupoli, pur smascherato nelle sue nefandezze, se ne va impunito, senza soccombere ad un giudizio morale, né umano né divino. La menzogna esercita fascino e simpatia, l’ingiustizia non viene punita. Tutti coloro che ne sono coinvolti la condannano, ma chi sta fuori a guardare la scena si diverte alle rocambolesche invenzioni del malvagio imbroglione. Il pubblico dovrebbe, teoricamente, avvertire un senso di disagio assistendo all’ultima scena, in cui si ritrova a simpatizzare con un ignobile farabutto che l’imperativo morale vorrebbe invece odioso. Goldoni sembra suggerirci che, probabilmente, questa simpatia verso il criminale, il maledetto, il pirata, è qualcosa di connaturato all’umano. Proprio come in Don Giovanni, il male è più attraente del bene. Ma mentre nel mito di Don Giovanni interviene il divino a punire il malvagio e ristabilire la giustizia, in Goldoni (almeno nel Goldoni riformatore), al di là delle manierate battute finali per salvare le forme, in fin dei conti il male trionfa, o quantomeno non viene punito. Non si tratta di una adesione morale o un elogio del male, ma di una presa d’atto, di una raffigurazione della realtà e dell’umano con occhio disincantato, senza falsi moralismi e soprattutto senza il ricorso a una soluzione divina. Questa è la vera riforma goldoniana, il Teatro descrive l’umano, il Mondo come è, non come dovrebbe essere o, addirittura, come vorremmo che fosse. L’uomo è fatto così, sarà male, sarà ingiusto, ma è così. Noi tutti, sembra riflettere Goldoni, spettatori nel Teatro del Mondo, siamo attratti dall’ignobile menzogna, dall’offensiva ingiustizia, ma solo finché non ne siamo toccati. Se non siamo coinvolti ci divertiamo un mondo allo spettacolo del mentitore; ma quando tocca a noi, come ai personaggi sulla scena, ci arrabbiamo, ci indigniamo e siamo pronti a reclamare le più atroci pene per i bugiardi”.

 

 

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