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Storia di una promozione. L’Igea Virtus può finalmente festeggiare

Un balzo indietro tra le pagine di storia. L’ultimo ostacolo superato per quel vessillo che, adesso, è di nuovo nel calcio che conta. Missione compiuta: l’Igea Virtus ritorna in serie D ed a cinque anni dalla sua rifondazione, ha già mostrato di saper giocare a fare la grande. Dai polverosi campi di Prima Categoria, alla voce grossa sollevata contro altre (e ben più superbe) nobili decadute, la società del Longano ha finalmente tagliato un traguardo che non parla di sole trenta partite. Un successo, insomma, che ha alla base proprio quelle scelte che altre grandi città hanno scartato e che, nel caso del sodalizio barcellonese, hanno richiesto davvero tanta pazienza.

Le indicazioni plastiche di mister Raffaele
Le indicazioni plastiche di mister Raffaele

Ed ecco, in questa stagione, la decisiva supremazia in campionato, madre di una marcia che non ha conosciuto ostacoli. Certo, lo spumante è rimasto in frigo fino all’ultima giornata, ma a ben vedere è solo una questione di coincidenze. Un’attenta analisi del campionato della squadra di mister Raffaele mostra infatti come la forza dell’Igea Virtus risieda in una incredibile costanza e come, a ben vedere, è davvero difficile trovare passaggi opachi nella stagione giallorossa. Tre sole sono state le sconfitte subite (tutte per 1-0 e maturate solo negli ultimi 20’ di gara), a fronte di 11 i gol incassati, mentre al “D’Alcontres” la squadra ha raccolto 40 punti dei 45 disponibili. Dopo aver posto la bandiera in vetta, alla 19esima giornata, la squadra ha dimostrato di saper gestire il proprio vantaggio. Sul +7 in più di un’occasione, non ha mai fatto mancare il proprio carattere nei momenti chiave, come la trasferta di Palazzolo, dove i giallorossi prevalsero in rimonta, o quella di Giarre, vinta di misura solo nel finale. Il carattere, dunque, una delle armi più importanti dei barcellonesi. “Squadra cannibale” o “voglia di comandare” poco cambia, per una formazione sempre pronta a mettere in atto un pressing sfiancante per seppellire l’avversario nella propria metà campo. Il gioco in attacco praticamente costruito sui movimenti del barcellonese doc Isgrò, le responsabilità dell’igeano simbolo Cardia nella manovra a centrocampo, l’assetto di squadra granitico dietro, difficilmente hanno incontrato difficoltà. A prescindere dai propri valori tecnici, da quelli di ben più quotati avversari, non esistono crolli, né cali di concentrazione, per la gioia del tecnico Peppe Raffaele.

Abbraccio liberatorio fra mister Raffaele e Isgrò
Abbraccio liberatorio fra mister Raffaele e Isgrò

L’allenatore: il primo artefice di questa favola, secondo il giudizio pressoché unanime degli igeani nelle interviste di tutta una stagione, merita un capitolo a parte. Negli ultimi giorni del 2014, Peppe Raffaele aveva forse visto molto più in là, nello scegliere Barcellona per coronare le ambizioni che lo caratterizzano. Subentrare a stagione in corso è rischioso, si sa, ma non è da escludere che la missione di Raffaele, fin da subito, fosse proprio quella di cambiare completamente binari. Allora l’Igea era a ridosso dei playout, ma una striscia di otto vittorie consecutive cambiò tutto. Il tecnico sovvertì la classifica e l’umore della squadra, impose una mentalità che porta l’orticaria al solo parlare di sconfitta e raggiunse quindi la terza posizione, senza voler rinunciare a “sgambetti” che fanno storia. Il Siracusa pagò dazio a Barcellona e all’ultimo respiro del campionato, i barcellonesi rovinarono il destino dello Scordia, spodestandolo dalla testa della classifica. In quelle immagini, in quell’esultanza su un 1-1 che non sarebbe comunque valso più di una dimostrazione di forza, c’è tutto il carisma di un allenatore implacabile, di cui è difficile descrivere, tra un applauso e l’altro, l’inedito amore platonico intrattenuto con la curva.

Euforia Ultras (igea)
Euforia Ultras

Già, i tifosi, altra chiave della vittoria. A Barcellona, loro, non sono mai mancati. E’ un dato di cronaca difficile da scovare in quelle città che vivono di storia calcistica, tra le nobili decadute di cui i supporters mal digeriscono l’attuale serie di appartenenza. Fin dalla Prima Categoria, il tifo organizzato è stato una realtà a sostegno dell’Igea. Inesistenti le contestazioni, presente solo la voglia di “far giocare l’Igea in casa per tutte le partite”.

Ed in questo “stoicismo”, forse, è da ricercare l’ultima e più importante ragione del ritorno in serie D dei giallorossi. L’Igea Virtus ha mantenuto una linea di comportamento, si è posta dei totem che non ha mai tradito, pur costretta a trascorrere qualche anno senza eccessi e senza proclami. La società, in sostanza, non ha mai voluto alzare improvvisamente l’asticella, ma ha puntato ad una politica dell’umiltà e dei piccoli passi che, oggi, ha dato i suoi frutti. Lo si vede, ad esempio, nelle ultime finestre di calciomercato invernale o nella composizione del parco giocatori, fatta secondo una filosofia assai diversa dalle altre grandi piazze. Negli ultimi anni, si è intervenuti sulla squadra “col cacciavite”, solo per pochi interventi. Antonio Cannavò, Maurizio Dall’Oglio e Antony Genovese, ad esempio, sono tornati quest’anno a vestire la maglia giallorossa dopo averlo fatto in passato. Al bando la possibilità di tesserare “marziani” da rimborsi spese vertiginosi, come altrove accade, al bando la voglia di sacrificare la propria “igeanità” ai facili entusiasmi.

L'esultanza per il raddoppio di Isgrò (Igea)
L’esultanza per il raddoppio di Isgrò

Con buona pace dei numeri, questo salto in serie D legittima la “lezione igeana”. La società, in fondo, non ha mai dimenticato il professionismo, ma sembra pensare che questo non dipenda da un titolo sportivo. Al termine di questo campionato, gran parte della Sicilia applaude Barcellona, esempio dello “stare” in categoria senza essere nostalgici o dilapidare fortune. Il resto? Lo ha detto il campo. Il cerchio si chiude: bentornata a casa, Igea.

 

 

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