Il prossimo 12 aprile al Teatro Vittorio Emanuele di Messina ci sarà un concerto dal titolo: “Made in Italy – La canzone italiana: anni 1910 – 1950”.
Ad esibirsi sarà Alessandro Lucchetti al pianoforte, accompagnato dall’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele diretta dal maestro Antonio Ballista. “Made in Italy” propone agli appassionati della buona musica arraggiamenti di alcune tra le più importanti canzoni italiani, scelte nel quarantennio compreso tra 1910 e il 1950, come ad esempio “Ma l’amore no”, “Parlami d’amore Mariù”, “Come pioveva”, “Un’ora sola ti vorrei”, “Non ti fidar (di un bacio a mezzanotte)” e tante altre.
Lo stesso Alessandro Lucchetti spiega così il suo lavoro: “Made in Italy rappresenta l’ultima tessera di un mosaico iniziato a metà degli anni ’80, che mostra in primo piano le mie composizioni originali e contribuisce a delineare i contorni della più moderna corrente musicale, ossia il cross over. L’idea di distillare il meglio di quarant’anni di canzoni, restituendo il profilo di un’epoca attraverso arrangiamenti per un ensemble classico (senza voce!), mi riempì di sgomento ed entusiasmo insieme, ennesima sfida raccolta nell’intento di mostrare come una bella musica (espressione di idee, sentimenti, immagini, atmosfere, di alto livello artigianale) possa vivere vite parallele, valicando le barriere fra i generi (classico, leggero, d’uso etc.) che, per mero bisogno di etichette, presumevano di suddividere l’arte dei suoni in mondi chiusi. Un lungo e a tratti estenuante periodo di ascolti (la produzione è davvero sconfinata!) supportati, per mia fortuna, dall’ausilio spesso ‘canoro’ di un esercito di prozie e loro conoscenti diede come esito la selezione dei trentatré brani che compongono il programma. Riuniti in fantasie monografiche (degli autori più rappresentativi D’Anzi, Bixio e Mascheroni) o di genere (la canzone sentimentale o umoristica piuttosto che esotica etc.), i motivi non solo si susseguono ma a tratti sembrano perdere il filo del discorso aggrovigliandosi, sovrapponendosi o evocando, attraverso più o meno insistiti ritorni, fantasmi di forme classiche, prosodie e retoriche forse a loro (i motivi) non del tutto estranee… Sotto il profilo della strumentazione l’operazione è tanto chiara quanto refrattaria ad ogni classificazione. L’organico, se si esclude la batteria, è quello di una piccola orchestra da camera, classica; ma l’uso che ne viene fatto, pur non rinunciando a citazioni di orchestrazione classica, rimanda, di volta in volta, al sound dell’orchestra di musica leggera, della jazz band o dell’orchestrina da café chantant. La partitura, tuttavia, evita accuratamente strumenti come il sax o il trombone (troppo palesemente allusivi al genere), e preferisce evocarli sfruttando le capacità mimetiche proprie di singoli strumenti o di particolari accostamenti”.