Come nel processo di primo grado è il sostituto procuratore Lorenzo Giua il grande accusatore di Arturo Di Napoli. La gara in questione è ovviamente L’Aquila-Savona del 23 novembre 2014, vinta dai padroni di casa per 1-0. Il tecnico del Messina guidava all’epoca dei fatti i liguri.
“In sede di appello la difesa ribadisce che i numerosissimi contatti tra Di Napoli e Di Nicola (responsabile dell’area tecnica de L’Aquila, ndc) sarebbero avvenuti non per la presunta combine ma per la posizione di Daniele Gizzi, figlio del presidente de L’Aquila che per problemi ambientali, non potendo restare in rosa, venne ceduto al Savona”. Insieme a lui anche l’attuale giallorosso Bramati e Sanna furono acquistati dai liguri nel corso del mercato estivo.
“Di Nicola chiese a Di Napoli di farsi carico di Gizzi, promettendogli la corresponsione successiva degli stipendi” rimarca Guia. I legali Mattia Grassani ed Antonio Fazio ritengono quindi che i trasferimenti di denaro non siano legati ad eventuali fatti illeciti ma all’effettivo rispetto di quel precedente accordo. In particolare le somme in questione verranno versate “nei giorni precedenti alla gara con un bonifico da 2.500 € intercorso tra la compagna del Di Nicola e la moglie di Di Napoli”. Una delle dieci reti attese, che non verranno poi onorate.
Per la Procura però “i contatti tra le parti aumentano nei giorni precedenti alla gara. Vi sarà poi un incontro nel casello autostradale di Valle del Salto (nei pressi di Rieti, ndc) cinque giorni prima del calcio d’inizio tra Solidoro, Di Nicola ed uno degli scommettitori”. Un faccia a faccia, al pari di quello che si terrà la sera prima della gara, che l’accusa ritiene “incompatibile con la posizione di Gizzi e quindi con la linea difensiva”.
Giua ritiene fondamentale il ruolo di Massimiliano Solidoro, collaboratore tecnico del Savona, che era a conoscenza della combine, e ha chiesto quindi la conferma delle sanzioni di primo grado. Nel caso di Di Napoli, quattro anni di squalifica unitamente ad un’ammenda da 35.000 €.