“L’ultima madre”, romanzo-inchiesta nato sul campo a Buenos Aires sul tema dei desaparecidos argentini, e nello specifico su quello dell’identità negata, diventa uno spettacolo, prodotto dalla Compagnia DAF – Teatro dell’Esatta Fantasia con la collaborazionedell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” e del Teatro Vittorio Emanuele di Messina, debutta il 26 febbraio 2016 alle 21, al Teatro Vittorio Emanuele di Messina (Sala Laudamo), con repliche il 27 febbraio alle 21 e il 28 febbraio alle 17.30, con la regia di Giovanni Greco e le musiche di Daniela Troilo, interpretato da Ilaria Genatiempo, Vittoria Faro, Stefano Guerrieri e Ilenia D’Avenia.
Lo spettacolo unisce ai protagonisti del romanzo personaggi realmente esistiti, responsabili delle persecuzioni che vengono interrogati in scena, sulle note del tango di Anibal Troilo rielaborate da Daniela Troilo. Anche nello spettacolo le due storie di Maria e Mercedes, asimmetriche nel tempo e nello spazio, sono intrecciate indissolubilmente tanto che l’una racconterà al pubblico la storia dell’altra. La madre-nonna de Plaza de Mayo, Maria Fernandez, casalinga semianalfabeta diventa, per necessità, una militante rivoluzionaria, arrestata, torturata e esiliata, perché cerca prima i suoi figli, poi i nipoti, fatti scomparire per motivi politici dalla dittatura della giunta militare argentina di fine anni ’70.
La storia di Maria s’intreccia con quella di Mercedes, madre ‘usurpatrice’ e figlia sterile di Ignacio Mendoza, vero e proprio burattinaio nascosto di entrambe le storie. Spesso accadeva che i figli dati alla luce in cattività dai ‘sovversivi’ venissero affidati, piccolissimi, a famiglie di militari, in questo caso la famiglia Mendoza, crescerà i figli di Irene e Pablo, figlio di Maria, catturati dai militari, ed eliminati, Irene non prima di aver dato alla luce due gemelli. Ad oggi 117 sono i nipoti “recuperati” grazie al lavoro straordinario delle Nonne di Plaza de Mayo e che attende ancora centinaia di bambini e bambine, oggi uomini e donne, dispersi forse anche in Italia, privati del ‘diritto di assomigliare a sé stessi’, di avere un’identità vera e non ingannevole, una vita autentica e dissequestrata.
“Lo spettacolo è un lungo travaglio atteso fino all’ultima scena – spiega Giovanni Greco – Accoglie il pubblico una Maria ormai vecchissima che appare magicamente e simbolicamente incinta. Una gravidanza che contiene tutti gli orrori subiti e le speranze dei protagonisti. Ho voluto alternare le due storie con personaggi realmente esistiti non presenti nel romanzo come un medico e un prete che hanno realmente avuto responsabilità nelle persecuzioni. Sono interviste di memoria pinteriana che offrono al pubblico il continuo passaggio tra realismo d’inchiesta e realismo magico”.