Messina ospita attualmente il corso per l’abilitazione ad Allenatori di base – UEFA B, iniziato a gennaio per terminare ad aprile con un esame finale. Un importante riconoscimento per il lavoro svolto dal presidente provinciale dell’AIAC Francesco Cottone. Il relatore in materia di “tecnica calcistica” è Alessandro Porro, centrocampista che nel Foggia dei miracoli targato Zdenek Zeman collezionò 57 presenze e 4 gol dal 1990 al 1992. Oggi è docente del settore tecnico di Coverciano per la FIGC e sta tenendo le lezioni del corso per l’AIAC di Messina che ha come segretario Andrea Argento.
“Abbiamo un preciso percorso da seguire – spiega Porro – relazionandoci con delle persone che vantano esperienze a livello calcistico, ma non sotto il profilo della conduzione e dell’insegnamento. La difficoltà non sta nel conoscere gli aspetti del calcio, ma nel trasmettere alcuni valori attraverso lo sport. Le linee guida vengono stabilite a Firenze e sono aggiornate costantemente per quanto concerne l’aspetto tecnico e tattico, seguendo le indicazioni provenienti dal campionato. La prima impronta che vogliamo dare è che ognuno deve trovare la propria strada, senza voler scimmiottare allenatori famosi. Inoltre è molto importante la coerenza perché ad un allenatore verrà chiesto di fare scelte difficili ed impopolari”.
Porro ha vestito anche le maglie di Bologna e Trapani, mentre da allenatore ha guidato anche la Maceratese, squadra della sua città. “Il mio bagaglio è molto legato a quello che ho ricevuto da giocatore. Poi ci sono le esperienze da allenatore, seppur non lunghissime, a livello di settore giovanile ed in squadre dilettantistiche. La mia formazione didattica è dovuta in gran parte alla scuola di Coverciano, con il direttore Ulivieri, i colleghi ed il continuo confronto che avviene quando c’è un ospite illustre. Tutto ciò mi stimola poi a cercare di trasmettere quello che apprendo ai ragazzi nel migliore dei modi”.
Con Zeman ha vissuto gli anni più belli della sua carriera da giocatore. Dalla B alla A in una squadra che dava spettacolo, con il tridente composto da Rambaudi, Baiano e Signori. Gol, divertimento e tanta spensieratezza. “A Zeman devo gran parte della mia carriera sia da giocatore che poi da allenatore. Il “maestro” ha una visione di gioco che può sembrare utopistica e che invece è stata da guida ed esempio per centinaia di allenatori che sono arrivati dopo. A quei tempi spesso mi confrontavo e con lui, trovandomi a svolgere un compito senza però capirlo a fondo, pur riscontrandone i risultati eccezionali, in quanto gli altri non capivano come noi effettivamente sviluppassimo il gioco. Piano piano l’idea è stata riprodotta da altri in modo efficace e proficuo. In quella fase in Italia Zeman, Sacchi e anche Orrico davano direttive per un nuovo modo di pensare il calcio”.
Stagione 1990-91. Tra Foggia e Messina, nel campionato cadetto, due gare indimenticabili. Dal 2-3 per i giallorossi allo “Zaccheria” allo 0-2 in favore dei pugliesi, un girone dopo, in riva allo Stretto. “Il ricordo di quelle due partite è vivissimo. In casa avevamo dominato per due terzi della gara, andando avanti sul 2-0, ma poi il Messina venne fuori con un paio di contropiede azzeccati e con grande vivacità agonistica, riuscendo a superarci. Rimanemmo un po’ scioccati da quella sconfitta, ma poi riprendemmo il passo. Al “Celeste”, davanti ad un pubblico caldo, subimmo un’espulsione già nel primo tempo, ma nel secondo arrivarono i due gol con Baiano, cui feci l’assist e Rambaudi. Una grande partita, dalla quale uscimmo stremati ma con una grande forza interiore”.
Nel campionato di A successivo il Foggia continuò a stupire, chiudendo al nono posto e per Porro arrivò anche il primo gol in massima serie, contro l’Ascoli. “In A fu una progressione vincente, sebbene all’inizio il Foggia fosse un’incognita in massima serie, anche perché era tutt’altra cosa confrontarsi con certe squadre. Alla prima giornata, però, pareggiammo 1-1 a San Siro con l’Inter, poi perdemmo di misura contro la Juventus. Da lì maturammo l’idea che quel gioco potesse essere utile anche in quella categoria”.
Un calcio che oggi sembra lontanissimo, anche per come si è evoluta negli anni la figura dell’allenatore. “A quel tempo l’allenatore era un maestro di calcio. Al giorno d’oggi le componenti che incidono sulla prestazione della squadra vanno invece al di fuori della sfera tecnica. Un allenatore deve avere altre caratteristiche, come la forza di imporre le idee, il curare i rapporti con lo spogliatoio, la gestione dei media, la capacità di allestimento di una squadra prendendo i giocatori giusti, dunque un aspetto più manageriale. Il calcio chiede questo e gli allenatori si devono adattare, ma spero che la componente tecnica possa tornare rilevante come lo era prima”.
Sulla lite tra Sarri e Mancini, nata per gli epiteti proferiti dall’allenatore del Napoli che tanto hanno fatto discutere in questi giorni, Porro sta dalla parte del tecnico nerazzurro: “Nel caso specifico si è usciti dai limiti. Ci dovrebbe essere più attenzione e serietà, il calcio è uno sport di riferimento e le persone che occupano certi posti devono fungere da esempio. Un insulto non può essere sdoganato in nessun ambito e non posso pensare che accada di fronte ai ragazzi nei campetti di provincia o in categorie inferiori”.