Di seguito l’intervista di Francesco Forni per QS a Gianmarco Pozzecco, attuale vice allenatore del Cedevita Zagabria ed ex coach dell’Orlandina Basket. L’ex stella di Varese si conferma essere mai banale nei modi e contenuti.
«Rischiamo di diventare uno sport da cortile. Bisogna ripartire dai giovani con progetti seri».
VINCERE NON E’ TUTTO?
«Rispetto ad altri ho portato a casa pochi trofei. Molti meno, ma il mio entusiasmo, oltre alle qualità, ha fatto breccia. Mi conoscono tutti a Bologna, Varese, Cantù o Pesaro, dove si vive di basket. Ma anche a Lecce sanno chi sono. Oltra alle vittorie in serie il talento, la voglia di divertiti e divertire ti fanno restare nel cuore della gente».
SPORT ITALIANO IN CRISI
«Troppi atleti gareggiano pensando solo all’ingaggio per la stagione successiva. E’ difficile crescere quando il tuo solo obiettivo è il prossimo contratto».
SOCIETA’
«In Inghilterra ci sono gli impianti eccezionali, da noi si va ancora a sedere sul cemento. L’Italia è vecchia nello sport, come strutture e come concezione. L’unica, nel calcio, che lo ha capito è la Juventus. La gestione delle società sportive è antiquata: non sono propriamente aziende, servono anche competenza nella disciplina e passione, ma bisogna anche cambiare registro. Invece conta solo fregare il prossimo alla domenica, senza pensare al futuro».
PROBLEMA DI TUTTO LO SPORT?
«Il calcio ha l’enorme vantaggio di essere radicato ovunque e se la cava, anche se non ha più i soldi per competere con i grandi club europei. Nel basket è peggio: sta diventando inguardabile. Siamo come il Belgio di quindici anni fa: qualche americano discreto viene da noi per farsi notare e poi andare altrove a prendere più soldi. E poi tanti stranieri e pochi italiani. Zero appeal: un appassionato se vuole lo spettacolo vero guarda l’NBA, dieci piani sopra. E il tifoso non si scalda con tanti mezzi giocatori che la stagione successiva saranno da un’altra parte».
GIOVANI
«Ma chi lavora in Italia con i giovani? Come si fa a trovare un bravo allenatore delle giovanili se non lo si vuole pagare? Ce ne sono pochissimi infatti. A Maifredi, presidente federale, l’avevo detto nel 2003: la china che stavamo prendendo era brutta. Prima con Danilovic, Kukoc e le altre superstar c’erano della squadre, con italiani fortissimi, cresciuti negli anni. A vincere devono pensare giocatori e allenatore, le società devono costruire, non tramare per avere piccoli vantaggi. Così la minestra è sempre triste e la gente non si scalda: rischiamo di diventare uno sport da cortile».
IN ITALIA C’E’ QUALCUNO CHE SI DISTINGUE?
«Solo Reggio Emilia. Credono in quello che fanno, possono anche commettere errori, ma ci tengono. Una differenza che percepisce anche il pubblico. I giocatori bisogna cercarli e poi forgiarli. Prima però lo sport deve cambiare direzione. Affidarsi a dirigenti di livello. Mi domando perché nessuno abbia pensato a Toto Bulgheroni, che ha vinto tutto in Italia e in Europa, da giocatore e di dirigente, con Varese. Stimato da David Stern, l’uomo che ha portato l’NBA a essere il campionato più popolare e prospero del mondo. Cosa aspettano a chiamarlo per guidare il nostro basket?»
Intervista di Francesco Forni – Qs