Avrebbe potuto essere la partita del suo addio anticipato ma Stefano Cuoghi ha rinsaldato la sua panchina. Con un punto all’attivo dopo quattro gare sembrava inevitabile il cambio di modulo e la proposizione dell’annunciato 4-3-3 ma alla fine il tecnico modenese non ha rinnegato il suo passato, proponendo ancora una volta il 3-5-2 che rappresenta ormai un marchio di fabbrica delle sue formazioni. Sul campo è arrivata la risposta del gruppo: “La squadra ha avuto una buona reazione dal punto di vista caratteriale ed abbiamo giocato meglio di altre partite. Tengo a sottolineare che non abbiamo rischiato praticamente mai, tanto che non c’è stata una sola parata del nostro portiere”.
Il vero torto della Paganese è stato quello di avere gettato alle ortiche le occasioni giuste per centrare il possibile 2-0: “Avevamo l’ansia addosso dopo le ultime tre gare perse in malo modo. In queste settimane sono state dette tante cose non giuste sul nostro conto e non sono state riconosciute alcune prove di buon livello. Come gioco, ad esempio, avevamo fatto ancora meglio con la Reggina, che peraltro a mio avviso è una signora squadra”.
La soddisfazione è mitigata proprio dagli errori che avrebbero potuto consentire al Messina di raggiungere in extremis il pareggio: “Abbiamo portato a casa il risultato ma sbagliando troppe occasioni da gol. Eravamo messi bene in campo, ho visto tanto sacrificio da parte dei ragazzi ma non si possono sprecare tutte quelle opportunità in contropiede. Avremmo potuto pagare quegli errori con gli interessi. È vero, lo ripeto: dopo le ultime tre sconfitte avevamo tanta paura addosso ma non basta a giustificare quelle imprecisioni”.
Cuoghi ha poi dedicato un pensiero al suo passato in riva allo Stretto: “Per abitudine non parlo mai degli avversari, ma per Messina città ed i suoi tifosi straordinari faccio un’eccezione. Il giallorosso mi è rimasto nel cuore dopo due anni indimenticabili. Ho chiesto ai dirigenti avversari di salutarmi idealmente Messina. Adesso si gioca al San Filippo ma l’atmosfera del vecchio “Celeste” era il massimo della vita”.