Il ripescaggio è un autentico tormentone a Messina da ormai quattro mesi, ovvero da quando i playoff sono diventati una chimera e quindi non c’era più altro a cui appigliarsi per centrare il ritorno nel calcio dei grandi. Tutto questo nonostante non vi siano notizie concrete sulle sorti dell’ACR da ormai due mesi, ovvero dalla formalità rappresentata dall’ultimo impegno ufficiale con l’Isola Capo Rizzuto già retrocesso da settimane.
Un mutismo che non induce certo all’ottimismo, neanche in ottica serie D, tanto che la pur paziente tifoseria organizzata ha preso duramente posizione schierandosi contro Sciotto, unico imprenditore a rispondere presente un’estate fa al bando dell’Amministrazione Accorinti, dopo la (nuova) rinuncia al professionismo da parte di Proto.
Ci siamo chiesti quanto costa davvero questo agognato ripescaggio, anche per capire se possa essere alla portata di un club che nell’ultimo anno non ha avuto ricavi apprezzabili al botteghino o dagli sponsor, ma soltanto uscite, innalzate anche dalle somme investite per riottenere a tavolino almeno la quarta serie.
L’iscrizione per un club che ha già militato in Lega Pro costa 60mila euro, la metà da versare subito, l’altra metà a rate. Una somma che quasi raddoppia, attestandosi a quota 105mila, per chi vuole accedere ai ripescaggi. C’è poi la salatissima somma a fondo perduto, pari a 300mila euro, come un anno fa.
Altro scoglio rilevante, inevitabile in un campionato che ha stabilito il nuovo record di penalizzazioni a stagione in corso, è rappresentato dalla fideiussione ed è qui che si registrano le novità più rilevanti, volte a colpire anzitempo i club sprovvisti di garanzie economiche adeguate, che metterebbero d’altronde a rischio gli stipendi dei tesserati durante il campionato. Tutte le società dovranno presentare una garanzia pari a 350mila euro, se depositeranno contratti con un tetto inferiore al milione di euro.
Sulla falsariga di quanto avviene nella pallacanestro professionistica americana o nel calcio a livello di competizioni europee, è stato poi introdotto una sorta di “salary cap”. Se il tetto ingaggi supera infatti il budget di un milione, dovrà essere versata una fideiussione integrativa, di entità pari al 40% di quanto verrà sforato.
A chiarirci meglio il passaggio è il messinese Alessandro Raffa, segretario della Sicula Leonzio, che rappresenta una società virtuosa, che non a caso già lo scorso 20 giugno, con congruo anticipo, ha regolarizzato la sua iscrizione.
“Se una società di C ha previsto un budget da un milione e 100mila euro, sforando quindi il tetto di 100mila, dovrà versare una fideiussione integrativa pari a 40mila euro oltre a quella standard da 350mila. Se ha previsto un budget di due milioni, pari quindi al doppio del “salary cap” introdotto, la fideiussione aggiuntiva richiesta sarà pari addirittura a quota 400mila euro, oltre ai 350mila precedenti. Parametri molto selettivi”, evidenzia Raffa.
Un club di D che punta al salto in C dovrà quindi impegnare almeno 750mila euro per assicurarsi un posto al sole. E se vorrà recitare subito un ruolo da protagonista, tra budget effettivo e fideiussione integrativa, potrebbero essere necessari tre milioni. Esborsi economici che si aggiungono a graduatorie che già vedono sul fondo il Messina, escluso dai playoff. Forse è meglio aprire gli occhi, piuttosto che continuare a sognare invano.